io, Edoardo Bennato e il porta-armonica.
Napoli, febbraio 1974
E' la tarda sera, di un giorno feriale, all'indomani del quale dovrò andare a scuola. Guardo la tv in bianco in nero in camera mia e, nel corso della trasmissione “Adesso musica - Classica, leggera, pop“ la conduttrice Vanna Brosio, presenta un ragazzo napoletano che si chiama Edoardo Bennato.
Rimango folgorato da quella breve apparizione: per guardare meglio, mi metto a sedere sul letto dove già mi sono già infilato, facendo finta di essere andato a dormire, per ragioni di orario.
Nonostante ci siano già da tempo in pista Bob Dylan e Neil Young, a me ancora sconosciuti, è la prima volta che vedo qualcuno suonare nello stesso tempo la chitarra acustica e l’armonica a bocca con quella strana ‘impalcatura’.
Dopo la breve esibizione di Bennato, spengo la televisione con il telecomando inventato da me, un lungo spago che arriva dalla presa di corrente del televisore al mio letto e che tiro energicamente per spegnere il vecchio Brionvega.
Mi addormento con l’immagine di quel ragazzo che indossa, senza motivo apparente, gli occhiali da sole in uno studio televisivo, come avevo già visto fare a Rocky Roberts, anni prima, nella sigla del programma tv” Sabato sera” mentre cantava “Stasera mi butto”.
La strada è segnata: ho sentito crescere in me in modo molto forte il desiderio di imparare a suonare. Così, dal nulla, senza essere stato indirizzato né obbligato da genitori premurosi o corsi scolastici.
È bello sentire, riconoscere e poi coltivare una passione che nasce inaspettatamente dentro di te. Mi è successo poche altre volte ma ho imparato a discernere il desiderio o la curiosità di un momento, rispetto alla passione vera.
Dopo un paio di mesi, che è un’attesa molto lunga per un quattordicenne ma che ha di molto amplificato la gioia del momento finale, accompagnato dall’amichetto Costantino Verrone, acquisisco con orgoglio l’oggetto dei miei desideri, al negozio Quaglia del Rettifilo a Napoli: una chitarra Eko Studio L da 14.000 lire. Inoltre, nella strada napoletana dei musicisti, via San Sebastiano, compro un kazoo mentre, prosciugate le risorse economiche, non posso comprare l’impalcatura e l’armonica a bocca: sarebbero arrivate in un momento successivo. Mi autocostruisco perció, per il solo kazoo, una improbabile impalcatura alternativa e casareccia con del filo di ferro.
Trascorro l’estate del 74, fra una partita dei Mondiali di Monaco e i primi incerti giri in motorino sul Caballero, a imparare gli accordi base e le prime canzoni che sono, in ordine, ‘Salviamo il salvabile’ e ‘Ma che bella città’.
Oggi, dopo alcuni bicchieri di vino e molte insistenze da parte dei presenti, sono ancora in grado di suonarle e cantarle a memoria, in Mi Maggiore, con la chitarra, l'armonica, il kazoo e, naturalmente, la mia voce improbabile.
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